Nathalie Dompé: 300 milioni per ricerca e hi-tech, così aiutiamo i talenti e il paese
Supervisore del mercato statunitense in forte crescita, la figlia di Sergio è destinata a prendere il timone dell'azienda di famiglia. Investe in startup e biotech, come la Philogen appena quotata. Vuole espandersi in Cina. Coltiva i giovani talenti e progetta una scuola sul modello Emilia a San Francisco...
Ha chiamato il figlio come il padre, Sergio, e del padre — presidente di Dompé Farmaceutici, ex presidente di Farmindustria — vuole seguire l'esempio. «Una delle cose che mi hanno convinto a restare in azienda — dice — è stata la sua passione per la ricerca, vederlo alzarsi alle sei e mezza ogni mattina mi ha motivata. Abbiamo dovuto lavorare e investire per arrivare al successo sulla ricerca, se fossimo stati una startup saremmo falliti già cinque volte. Non mi sono sentita obbligata a restare, l'ho vista come un'opportunità incredibile». Nathalie Dompé ha 34 anni — quinta generazione se si parte dalla fondazione della farmacia, l'attività iniziale di famiglia, terza se si comincia dalla nascita della Dompé Farmaceutici — ed è tante cose: amministratrice delegata di Dompé Holdings, vicepresidente del business development Dompé negli Usa. Supervisiona le attività del gruppo negli Stati Uniti e perciò vive a San Mateo, nella baia di San Francisco, dove l'azienda ha una sede. Ha da poco presentato la neonata Fondazione Dompé, con cui ha appena lanciato un programma di borse di studio universitarie da 2 milioni l'anno per formare i ricercatori multidisciplinari di domani.
II futuro
Nathalie ha due ossessioni, la ricerca e la formazione. Crede nella collaborazione con l'Europa, dice senza timore di retorica: «Ascolto le persone». E ha chiaro il suo futuro: prendere il testimone dell'azienda di famiglia, che sta diventando sempre più biotech, sempre più internazionale e se è nota per i blockbuster classici come l'Oki è anche in prima linea sui farmaci innovativi, come quelli per i trattamenti ospedalieri anti Covid. Significa, per esempio, ripartire dall'America. Laurea in Economia aziendale in Bocconi, due sorelle (Rosyana, 17 anni, che ancora studia, Carolina che «fa un lavoro diverso»), un figlio di due anni con il «venture capitalist etico» Chamath Palihapitiya, già braccio destro del fondatore di Facebook Mark Zuckerberg, Nathalie ha cominciato a lavorare in Dompé sulla responsabilità sociale. Poi si è spostata negli Usa per presidiare il mercato americano, ora determinante. «Quest'anno— dice — contiamo di crescere puntando sugli Stati Uniti, già in aumento del 20% nel 2019-2020, e sulla Cina», Paese dove Dompé è appena sbarcata. «Sono arrivata negli Usa nel 2018 e inquattro mesi abbiamo lanciato il primo prodotto (un farmaco orfano sul principio cenegermin, la «molecola della Montalcini», perla cheratite neurotrofica, malattia rara dell'occhio, ndr.). Siamo meno di 100 persone in forte crescita, presidio di un mercato che vogliamo ampliare con una rete di ricerca e competenze». Dei 532 milioni di ricavi 2020 previsto da Dompé Farmaceutici (con margine lordo in aumento del 15% dal 2019 a 175 milioni), il 60% per la prima volta è stato generato all'estero, vale a dire proprio dagli Usa (al 5% nel 2017). È l'America che ha determinato l'incremento del 18% del fatturato di gruppo, calato invece in Italia di 30 milioni «a causa del Covid» e del minore ricorso alle medicine tradizionali. Sulla Penisola però si vuole continuare a investire. «Destiniamo alla ricerca il 15% dei ricavi — dice l'imprenditrice —. Fra il 2021 e il 2023 prevediamo di investire 300 milioni, dei quali il 70% in Italia». A chi le chiede come vede tra cinque anni la sua azienda, oggi interamente familiare, risponde: «Più dinamica e innovativa». E se l'apertura del capitale non è all'ordine del giorno, non è nemmeno esclusa: «Essere un'azienda familiare è un vantaggio in questo momento, perché puoi essere snello — dice Nathalie —. Bisogna poi vedere come gestire la flessibilità con l'esigenza dell'espansione. Ci sono molti modi per potersi ingrandire, valuteremo man mano le opportunità giuste». Con il padre, attraverso Dompé Holdings, Nathalie ha investito nelle startup e nelle biotech con i club deal di Tamburi Investment Partners e Mediobanca: «Per diversificare e sostenere le imprese italiane innovative, con un percorso tecnologico», commenta. Nel suo portafoglio azionario ci sono così ora quote di aziende come Movendo Technology, «che applica l'intelligenza artificiale alla riabilitazione preventiva», Directa Plus, «uno dei maggiori produttori italiani di grafene», o l'acceleratore Materias di Luigi Nicolais, l'ex presidente del Cnr; ma anche «Bonifiche Ferraresi per l'agricoltura 2.0». C'è poi la biotech Philogen, di cui i Dompé possiedono ora il 30% a fianco della famiglia Neri e che il 3 marzo ha debuttato in Borsa (titolo stabile al 4 marzo). Prima matricola del 2021, arriva mentre altre società, come l'Astm dell'autostrada Torino Milano, annunciano l'uscita da Piazza Affari. «Le aziende italiane devono mirare a diventare competitive nel mondo — dice Nathalie —. Come farlo? Si possono seguire varie strade. Una è la Borsa. Philogen è un progetto che ci sta coinvolgendo e lo sosterremo, Dario Neri ha competenza scientifica e visione». È chiaro che per Dompé è un momento di passaggio e in questa transizione Nathalie gioca un ruolo centrale. «Il mercato italiano può essere competitivo se punta sull'innovazione e sul mix di competenze, sulle conoscenze trasversali», dice. È un percorso che si esplicita anche nei due studi clinici in corso per i farmaci anti Covid: uno per la molecola Repavid-19, sviluppata da Dompé, per i malati più gravi; l'altro per il farmaco generico Raloxifene, per chi ha sintomi lievi, già usato contro l'osteoporosi. Qui Dompé è capofila del progetto europeo Excalate4CoV, che a Milano coinvolge Politecnico, Università Statale, Humanitas ed Eni. Entrambi gli studi sono in fase 3, che precede la commercializzazione. «Se tutto va bene» il Raloxifene potrebbe essere in vendita prima di fine anno. Ma «attenzione a stare con i piedi per terra sul Covid», raccomanda Nathalie e pensa che sui vaccini l'Italia possa dare «un grande contributo», per l'«alta qualità del manufacturing e la capacità di fornire talenti».
La nuova fase
«Il settore della salute siè rivelato fondamentale — dice —. Per la farmaceutica italiana però il mercato interno è stato in contrazione, tranne che per le attività legate al Covid». Si salva «chi sa investire sulle terapie all'avanguardia». Come la Dompé della nuova fase, s'intende: «Ci siamo focalizzati sulle patologie neurodegenerative, sulle malattie autoimmuni, sulla terapia del dolore». Dietro la cavalcata sugli Usa e l'attesa espansione in Cina c'è il collirio salvavista per la cheratite neurotrofica, è questo il prodotto che sta determinando la svolta internazionale del gruppo («Ci stiamo concentrando sull'espansione geografica per i farmaci innovativi, anche se continueremo a investire molto sull'Italia»). Ma c'è anche la determinazione di questa giovane donna, che allargherà le borse di studio della Fondazione alle università in Cina, Usa, Europa, per «costruire una generazione di talenti digitali e della ricerca scientifica da cui attingere». E crede tanto nella formazione da progettare a San Mateo, in America, una scuola per bambini sul modello emiliano, con la figlia dell'ex sindaco di Bologna, Valentina Imbeni.